venerdì 13 settembre 2013

LA TENDINOPATIA ACHILLEA


Dato il frequente presentarsi delle affezioni infiammatorie e degenerative del tendine di Achille nella popolazione giovane-adulta che pratica attività sportiva regolare, ho deciso di scrivere questo post per chiarire meglio quali sono le dinamiche e le cause che portano a questi disturbi.

Il tendine di Achille è sede di sindromi dolorose che possono andare da una sofferenza occasionale e transitoria, che insorge in genere dopo una lunga marcia effettuata su terreno irregolare e con calzature inadeguate, fino ad un dolore continuo che può insorgere improvvisamente o gradualmente nel corso dell'attività sportiva. Quasi tutti gli atleti possono esserne colpiti, particolarmente i mezzofondisti, i fondisti, i marciatori. Il dolore insorge di solito dopo un periodo di allenamento effettuato su terreni duri (manto stradale) o se l'atleta ha svolto il suo allenamento variando spesso terreno: dall'asfalto stradale al terreno accidentato, a quello di materiali sintetici a restituzione elastica. Durante tali allenamenti, già di per sè intensi, un cambiamento di ritmo può essere la causa ultima che determina la comparsa del dolore, in genere unilaterale, localizzato sulla porzione media del tendine o sulla sua inserzione calcaneare. Esso diminuisce con il riposo; basta però che il tendine entri in funzione, come nel semplice atto di salire e scendere le scale, perchè la sintomatologia ricompaia accompagnandosi talvolta anche ad una modesta zoppia.
E' importante ricordare anche due importanti fattori che rendono difficile una corretta risoluzione delle tendinopatie achilee:

  1. Il tendine di achille nel suo terzo medio (da 6 a 2 cm al di sopra della sua inserzione sulla grande tuberosità del calcagno) presenta una vascolarizzazione estremamente modesta che rallenta le capacità riparative del tendine in caso di infiammazioni e lesioni;
  2. E' una struttura anatomica continuamente sottoposta a lavoro durante la deambulazione e dunque difficile da tenere completamente a riposo.
In tutte le manifestazioni patologiche achilee la terapia di elezione è il riposo, che deve essere messo in atto il più precocemente possibile. Oltre al riposo, la fisioterapia (ionoforesi, bendaggio, ultrasuoni ecc...) costituisce un valido aiuto nelle forme infiammatorie. Quando invece la sintomatologia dolorosa è ormai cronica, ovvero sia presente l'aumento di spessore del tendine, è consigliabile l'immobilizzazione mediante stivaletto gessato deambulatorio per 4 settimane. Al termine dell'immobilizzazione è necessaria la graduale e controllata ripresa dell'attività deambulatoria e successivamente di quella atletica
La prevenzione delle recidive si basa soprattutto sulla correzione di squilibri biomeccanici che potrebbero aver determinato il sovraccarico del tendine (sindrome supinatoria e pronatoria, retrazione del tendine di Achille). A tale scopo un programma chinesiterapico e l'utilizzo di ortesi per ristabilire la migliore funzionalità del tendine andrebbero sempre raccomandate. Inoltre una revisione critica del gesto atletico, l'impiego di calzature idonee ad eventualmente il ricorso a terreni "morbidi" è importante per preservare il tendine ed evitare recidive.

domenica 21 luglio 2013

PROGRAMMA DI ESERCIZI A CORPO LIBERO DA SVOLGERE A CASA 2/2

Esercizi in piedi
 1 - In piedi.Gambe leggermente divaricate. Mani dietro la nuca. Gomiti vicini, all'altezza delle spalle. Inspirare allontanando i gomiti, espirare tornando alla posizione di partenza.
 2 - In piedi. Gambe leggermente divaricate. Mani sui fianchi. Inspirare piegando il tronco a destra e accompagnando il movimento con il braccio sinistro, espirare tornando alla posizione di partenza. Eseguire il movimento anche dalla parte opposta.
 3 - In piedi.Gambe leggermente divaricate. Posizionarsi di fronte ad una parete appoggiandoci le mani. Sollevare la gamba destra in avanti flettendo l’anca, poi ritornare nella posizione di partenza e portare indietro la gamba destra estendendo l’anca. Ripetere l’esercizio anche con l’arto sinistro.
 4 - In piediGambe leggermente divaricate. Posizionarsi di fronte ad una parete appoggiandoci le mani. Portare esternamente la gamba destra (movimento di abduzione dell’anca) ispirando dal naso, tornare nella posizione di partenza espirando dalla bocca. Ripetere l’esercizio anche con l’arto sinistro.
 5 - In piedi.Gambe leggermente divaricate. Estendere le braccia in 4 posizioni:

       a. In alto     b.   In avanti     c.   In fuori    d.  In basso

 6 - In piedi. Gambe leggermente divaricate. Braccia lungo i fianchi. Inspirare e lentamente incrociare le braccia in avanti, espirare riportando le braccia in posizione di partenza.
 7 - In piedi. Posizionarsi di fronte ad una parete appoggiandoci le mani. Piegarsi sull'arto destro in avanti tenendo esteso quello sinistro indietro.Toccare con il ginocchio destro la parete per poi ritornare alla posizione di partenza e ripetere l’esercizio cambiando gamba.
 8 - In piedi. Gambe leggermente divaricate. Braccia estese in avanti. Tenere un bastone con entrambe le mani in modo orizzontale a all'altezza delle spalle. Ispirare portando lateralmente a destra  il bastone, espirare tornando alla posizione di partenza. Eseguire l’esercizio anche sul lato sinistro.
Tutti gli esercizi proposti in questo post e in quello precedente devono essere eseguiti per 6 ripetizioni di seguito per 3 serie al giorno. Le ripetizioni possono essere incrementate fino a un massimo di 10 per 3 serie.

NOTA BENE: Per i pazienti cardiopatici è bene consultare il proprio medico prima di incrementare le serie degli esercizi.

Per qualunque dubbio o chiarimento contattatemi pure all'indirizzo e-mail: gervasi.silvio4@gmail.com

venerdì 19 luglio 2013

PROGRAMMA DI ESERCIZI A CORPO LIBERO DA SVOLGERE A CASA 1/2

Vi presento un programma di esercizi a corpo libero da svolgere a casa. Gli esercizi possono essere svolti sia da sogetti sani che da persone con patologia cardiopatica con lo scopo di migliorare la capacità respiratoria, il movimento articolare e contrastare la rigidità.

NOTA BENE: per i soggetti con cardiopatia è comunque consigliato consultare il vostro medico prima dell’esecuzione degli esercizi.

E’ importante, durante l’esecuzione degli esercizi, coordinare il movimento alla respirazione inspirando dal naso ed espirando dalla bocca; questo serve per migliorare l’ossigenazione dei tessuti.

Questi esercizi potranno essere eseguiti da soli o potranno integrare un programma di esercizio fisico più vasto di lieve/moderata intensità (Scala Borg) come descritto nei postprecedenti.

Esercizi da seduto
 1 - Seduto con busto eretto a 90°. Con le braccia estese in avanti impugnate un bastone leggero con entrambe le mani in modo orizzontale, ispirate sollevando il bastone, espirate abbassandolo
 2 - Seduto con busto eretto a 90°. Mani sopra le spalle e gomiti lungo i fianchi. Eseguire un movimento circolatorio con le spalle. Inspirare quando i gomiti vengono portati in avanti, espirare quando i gomiti vengono portati all'indietro
 3 - Seduto con busto eretto a 90°. Braccia lungo i fianchi. Ispirare sollevando le spalle e chiudendo le mani a pugno, espirare portando in basso le spalle e aprendo le mani.
 4 - Seduto con busto eretto a 90°. Mani sopra le cosce. Sguardo avanti. Ispirare ruotando la testa a destra, espirare portando la testa alla posizione di partenza. Ripetere l’esercizio ruotando la testa a sinistra


 5 - Seduto con busto eretto a 90°. Mani sopra le cosce. Mento appoggiato allo sterno. Ispirare portando il capo indietro, espirare tornando alla posizione di partenza
 6 - Seduto con busto eretto a 90° gradi. Mani lungo i fianchi. Ispirare sollevando verso l’alto il braccio destro e la gamba sinistra, espirare riportandoli alla posizione di partenza. Ripetere l’esercizio anche con gli arti opposti
 7 - Seduto con busto eretto a 90°. Braccia lungo i fianchi. Ispirare sollevando le braccia e i talloni, espirare abbasandoli

martedì 2 luglio 2013

L'IMPORTANZA DELL'ESERCIZIO FISICO IN AMBITO CARDIOLOGICO 2/2


Premessa: l'impegno cardiocircolatorio dipende in primo luogo dall'intensità dello sforzo, a sua volta proporzionale alle richieste metaboliche dei muscoli impegnati. Una misura semplice dell'intensità metabolica è il MET o equivalente metabolico: 1 MET è pari all'ossigeno consumato (VO2) da un uomo in condizioni di riposo per le funzioni basali dei vari organi: esso è stato stimato in 3.5 ml di ossigeno per kg di peso corporeo per 1 minuto. Così può essere considerato d'intensità lieve, uno sforzo che comporti un dispendio attorno ai 3 METS (camminare normalmente, nuotare lentamente), moderata quando il dispendio metabolico è compreso tra 3 e 6 METS (ad esempio, camminare velocemente o in salita), da media ad elevata quando il dispendio è >6 METS.
Oltre il MET un altro indicatore di intensità del lavoro è rappresentato dalla soggettività suscitata dall'esercizio fisico: questo indicatore è noto come scala Borg. La scala Borg è ovviamente meno tecnica del MET ma può essere utilizzata da tutti

Esistono dei livelli di attività che lo specialista deve consigliare alla popolazione sana come misura di prevenzione primaria e di miglioramento della qualità della vita. L'attività di intensità lieve moderata nella scala Borg (circa 3-6 METS) deve essere di tipo dinamico e possibilmente ad impegno cardiovascolare costante (camminare in piano per 3/4 km in un'ora, salire 20 gradini in 20 secondi, uscire con il cane per 3/4 km in un'ora, pedalare in piano per meno di 12 km in un'ora).Tali attività dovranno essere eseguite per 5-7 volte la settimana. A queste attività vanno affiancati esercizi per il mantenimento della forza muscolare e per migliorare la funzione articolare (scriverò un post su tali esercizi la prossima settimana). E' bene ricordare l'importanza degli esercizi di stretching da fare sia nella fase di riscaldamento che in quella di defaticamento, per mantenere la flessibilità muscolare.
Quando si parla di attività fisica nel cardiopatico essa va intesa sempre e solo a scopo ricreativo e terapeutico, mai agonistico. Ciò che viene richiesto al cardiopatico è di svolgere una certa quantità di lavoro fisico per ottenere, con il minor rischio possibile, un miglioramento della qualità della vita. La quantità dell'attività deve essere commisurata alle possibilità del singolo paziente valutate mediante l'analisi clinica e strumentale preliminare. Le attività fisico sportive consigliate dagli esperti sono quelle dinamiche ad impegno cardiovascolare costante ad intensità lieve o moderata della scala Borg (marcia, corsa, ciclismo, sci di fondo). Nei pazienti cardiopatici a basso rischio saranno consigliati programmi di:
- Corsa o camminata <6 km l'ora in piano
- Ciclismo per <12 km l'ora in piano
- Sci di fondo per 8-12 km l'ora su percorsi pianeggianti o ondulati con brevi pendenze
Anche nel cardiopatico sarà importante affiancare alla fitness cardio-respiratoria, una fitness muscolare con esercizi a basso carico per mantenere la forza muscolare e la funzione articolare ed esercizi di stretching.

Spunto preso da "la prescrizione dell'esercizio fisico in ambito cardiologico" documento di consenso della Task Force Multisocietaria. G Ital Cardiol 2007; 8(11): 681-731)
Guiducci U., D'Andrea L. La prescrizione dell'esercizio fisioco nel soggetto sano e nel cardiopatico: principi generali

Per la consultazione della bibliografia contattatemi pure gervasi.silvio4@gmail.com

sabato 29 giugno 2013

L'IMPORTANZA DELL'ESERCIZIO FISICO IN AMBITO CARDIOLOGICO 1/2

Quanto è importante l'esercizio fisico nei pazienti con problematiche cardiovascolari?
Quali sono gli esercizi più indicati per questa tipologia di pazienti?
Fino a che punto questi pazienti possono spingersi con l'esercizio fisico?
Studi epidemiologici, clinici e di laboratorio hanno fornito evidenze definitive sulle capacità dell'attività fisica di ridurre la morbilità e la mortalità delle malattie cardivascolari e di migliorare le prestazioni fisiche e la qualità della vita di chi la pratica. L'attività fisica, inoltre, sembra in grado di ridurre significativamente il rischio di sviluppare altre malattie croniche, quali l'obesità, l'osteoporosi, il diabete, alcune neoplasie e la depressione. Per tale ragione, l'esercizio fisico si propone  come mezzo preventivo e terapeutico fisiologico, efficace e a basso costo.
E' stato inoltre ampiamente documentato che la sedentarietà è responsabile di un aumento significativo di morbilità e mortalità a livello generale e cardiovascolare. E' stato stimato infatti che l'eliminazione di un fattore di rischio come la sedentarietà può portare ad una riduzione delle malattie cardiovascolari del 15-39%, del 33% di ictus, del 22-33% del cancro al colon e del 18% di fratture osee secondarie ad osteoporosi(1).
La performance fisica si riduce del 7-10% per ogni decade di età. Tuttavia, recenti evidenze dimostrano che alcune settimane di allenamento hanno lo stesso effetto di 30 anni di età sulla tolleranza allo sforzo e che 6 mesi di training sono in grado di far recuperare la riduzione della performance fisica legata all'invecchiamento.
Ma qual'è la giusta dose di esercizio da consigliare?
A questa domanda ha cercato di rispondere l' Havard Alumni Health Study(2) che ha coinvolto oltre 12.000 soggetti di età media. "Lo studio ha dimostrato che per ottenere una riduzione di mortalità del 20% è necessaria una intensità di esercizio che porti ad un consumo energetico di circa 4200 kJ la settimana (pari a 30 min di esercizio fisico al giorno per almenno 4/5 giorni la settimana). La massima riduzione del rischio si ottiene con esercizi di intensità moderata, pari a 3-5 h di marcia rapida, a 2-3 h di jogging o 1-2 h di corsa alla settimana".
E' importante ricordare anche che l'esercizio fisico, a differenza dei farmaci che normalmente sono specifici per singolo fattore di rischio (antidepressivi, antidiabetici, ecc...), ha effetti favorevoli su più fattori di rischio contemporaneamente.
Bisogna ricordare però che l'esercizio fisico comporta anche alcuni rischi, in particolare a carico dell'apparato cardiovascolare. L'esercizio fisico, infatti, può rappresentare il trigger di eventi acuti, quali angina pectoris, infarto al miocardio e morte improvvisa. L'attività fisica regolare, inoltre, soprattutto se caratterizzata da un elevato impegno del sistema cardiovascolare, può essere responsabile di una evoluzione sfavorevole del quadro clinico di alcune cardiopatie.
Allo scopo di ridurre il rischio di eventi cardiaci avversi, quindi, risulta importante avviare il paziente ad un adeguato screening preventivo (ECG, ecocardiogramma, test ergometrico).
Costituiscono, infine, controindicazioni cardiovascolari al training le seguenti condizioni: angina istabile, stenosi o insufficienza valvolare severe, scompenso cardiaco in atto, aritmie non controllate, recente episodio tromboembolico, pericardite e miocardite in fase acuta, ipertensione arteriosa severa non controllata.

Spunto preso da "la prescrizione dell'esercizio fisico in ambito cardiologico" documento di consenso della Task Force Multisocietaria. G Ital Cardiol 2007; 8(11): 681-731)
(1) Booth FW, Gordon SE, Carlson CJ, Hamilton MT, Waging war on modern chronic diseases: primary prevention through exercise biology. J Appl Physiol 2000; 88: 774-87.
(2) Sesso HD, Pffenbarger RS, Lee IM. Physical activity and coronary heart disease in men: the Harvard Alumni Health Study. Circulation 2000;102: 975-80

Per la consultazione della biblografia contattatemi pure

venerdì 31 maggio 2013

PROFESSIONI SANITARIE: L'ABUSIVISMO TOGLIE SICUREZZA AI CITTADINI


Le professioni sanitarie riunite nel Co.N.A.P.S. (Coordinamento Nazionale Associazioni Professioni Sanitarie) sono, insieme a quelle organizzate in ordini e collegi, la "colonna vertebrale" del SSN. Ma ancora oggi troppe sono le storture e le limitazioni cui sono costrette: assenza di albi e ordini, disordine normativo nella formazione, molti provvedimenti disattesi, libera professione al palo. Eppure la tutela della salute, garantita dall' art. 32 della nostra Costituzione, si esplica anche attraverso la garanzia, da parte dello Stato, della certezza del professionista con cui il cittadino si relaziona. Per questo motivo sono stati istituiti per medici, infermieri, tecnici di radiologia ed ostetriche gli Albi, riuniti in Ordini e in Collegi, garantendo al cittadino di ritrovare, in quel professionista, le competenze che legittimamente si possono attendere, in virtù della formazione universitaria a carattere nazionale, oltre che del governo della deontologia professionale e della formazione continua. Non se ne spiega dunque l'assenza per altre professioni sanitarie. In quest'ottica, liberare le professioni sanitarie dagli ostacoli che oggi impediscono di contribuire a migliorare il SSN deve essere uno degli obbiettivi di chiunque si appresti a riorganizzarlo. Su queste premesse è stato presentato a Roma, in occasione del convegno organizzato il 14 febbraio dalla Confederazione Nazionale dei  Tecnici Sanitari di Laboratorio Biomedico Antel-Assiatel-Aitic, il manifesto del Co.N.A.P.S. "Prepariamo il futuro" che detta le soluzioni ai problemi che coinvolgono i professionisti e l'intero sistema salute.
Il manifesto originale lo potete consultare e scaricare al seguente indirizzo:

Manifesto del Co.N.A.P.S. "Prepariamo il futuro"

sabato 25 maggio 2013

QUATTRO PASSI PER EFFETTUARE UNA CORRETTA VALUTAZIONE FUNZIONALE DI SPALLA 2/2

-          Il terzo passo sarà quello di indagare sulle caratteristiche del dolore:
o   Localizzazione:  un dolore di spalla antero-laterale nell’area della borsa sottodeltoidea è generalmente correlato a patologia della cuffia dei rotatori e a una sindrome da conflitto subacromiale; il dolore antero-superiore può interessare l’articolazione acromion-clavicolare; dolore a livello del braccio o del gomito può interessare il bicipite e i suoi tendini; pazienti con istabilità anteriore riferiscono frequntemente dolore a livello posteriore della spalla: pazienti con instabilità multidirezionale riferiscono dolore diffuso e poco localizzato
o   Irradiazione: nelle patologie propie della spalla possiamo riscontrare spesso un dolore irradiato al muscolo trapezio a causa delle contratture muscolari dovute al mal utilizzo dell’articolazione scapolo omerale, se però il dolore è irradiato al gomito e alla mano è poco probabile che sia dovuto all’articolazione scapolo-omerale.
o   Qualità e natura: Indagando la tipologia e la profondità del dolore si può meglio stabilire la sua origine. E’ importante individuare anche qual’è la posizione di massimo dolore.
o   Andamento, durata e associazione:  capire l’andamento e la durata del dolore durante il giorno ci fornisce informazioni utili sul grado e sulla gravità della patologia: un dolore cronico è persistente durante il giorno e spesso permane anche a riposo mentre il dolore ancora in fase acuta si presenta leggero e intermittente nei momenti in cui la spalla viene usata di più.
o   Sintomi associati: possono coesistere debolezza, instabilità dell’arto, paura del movimento, rigidità, blocchi articolari, scatti, crepitii, sensazione di gonfiore: se la debolezza perdura al dolore, la valutazione si orienta verso una rottura della cuffia o un problema neurologico; se la rigidità persiste si valutano le condizioni delle strutture capsulari.
-          Infine è importante indagare sullo stato di salute del paziente (malattie autoimmuni possono portare a erosione e usura della glenomerale), se effettua o ha effettuato terapie farmacologiche, se è stato già sottoposto a interventi chirurgici (alcune complicanze tardive di interventi chirurgici posso essere capsuliti adevie o artrosi gleno omerali) o ad altre fisioterapie prima di venire da voi.


Arrivare ad una precisa diagnosi funzionale nella patologie di spalla è l’elemento cardine per  stilare un piano di trattamento adeguato per guarire nel miglior modo il paziente.

Lo spunto per il post è stato preso dall'articolo di Alice Tiberi "Anamnesi e valutazione funzionale della spalla" (Il Fisioterapista Marzo/Aprile 2012)

mercoledì 22 maggio 2013

QUATTRO PASSI PER EFFETTUARE UNA CORRETTA VALUTAZIONE FUNZIONALE DI SPALLA 1/2


Il dolore localizzato alla spalla è un sintomo comune a molte patologie, per questo condurre un’attenta e accurata valutazione fisioterapica ci servirà per capire meglio se tale sintomo è riferito propriamente alla spalla o deriva da altre strutture anatomiche. La nostra valutazione avrà lo scopo di chiarirci meglio, rispetto alle indicazioni fornite dal medico specialista, la natura e l’estensione degli impairment (dolore, restrizione del movimento, alterazione della propriocezione), il grado della conseguente disabilità e di fornirci tutte le informazioni significative proprie del paziente (motivazione, aspettative, ecc...)
Il dolore di spalla, lo possiamo suddividere in 6 principali categorie diagnostiche:
-          Disordini della cuffia dei rotatori
-          Capsulite adesiva
-          Instabilità
-          Artropatie gleno-omerali
-          Patologia dell’articolazione acromion-clavicolare
-          Altre patologie croniche

1-     Il primo passo è quello di raccogliere informazioni riguardo l’età, l’occupazione e l’attività sportiva praticata: alcune patologie sono più frequenti negli under 40 (instabilità di spalla, moderata patologia della cuffia dei rotatori) altre patologie si riscontrano maggiormente negli over 40 (lesioni parziali o complete della cuffia dei rotatori capsulite adesiva o artrosi glenomerale). L’occupazione e l’attività sportiva praticata sono importanti per evidenziare eventuali traumi o sollecitazioni ripetute che possono ricondurci alla patologia.

2-     Occorre successivamente indagare sulla modalità di comparsa del disturbo attraverso precise domande:

o   Perché si trova qui oggi?
o   Quando è iniziato il suo problema?
o   Come è iniziato?
o   L’esordio è stato insidioso o c’è stato un evento traumatico?
Capire la derivazione del disturbo è fondamentale per stilare un corretto piano di trattamento:
o   Se la causa è un trauma acuto è importante ricostruire le dinamiche del trauma cosi da identificare le strutture potenzialmente danneggiate
o   Se la causa è di tipo insidioso (microtraumi, sovraccarico, stress tissutali) dovremmo fare chiarezza su eventuali anomalie funzionali dell’articolazione e delle strutture muscolo-scheletriche o su gesti atletici o occupazioni lavorative che inducono il paziente ad effettuare gesti ripetitivi o ad assumere determinate posture.

Spunto dall'articolo di Alice Tiberi (Il Fisioterapista Marzo/Aprile 2012)

sabato 11 maggio 2013

IL CONFRONTO N.1 - IL SONNO NELLE PATOLOGIE POSTURALI



“Noi siamo abituati a pensare alle patologie posturali come patologie presenti durante il giorno, sopratutto in soggetti che svolgono attività lavorativa intensa  o che stanno molte ore in piedi, conseguenti ad un’alterata gestione del tono muscolare da parte del sistema posturale. Questo non è sempre vero, infatti molte funzioni e parafunzioni sono presenti durante la notte e sono esacerbate, ridotte o modificate nella quantità e nell’insorgenza dalla ottimizzazione posturale durante il riposo.  Questo fatto è così evidente che spesso, soggetti che si svegliano con  mal di testa, torcicolli e mal di schiena, lamentano di aver dormito male durante la notte. E’ per questo che la patologia posturale e i “malati posturali” bisogna considerarli anche durante il riposo. Questa evidenza ha aperto le strade all’industria, allo studio e all’ottimizzazione delle risorse posturali durante il sonno attraverso la costruzione di sistemi di riposo sempre più complessi. Pertanto pensare di trattare il malato posturale semplicemente con delle modificazioni  durante la vita attiva, con dei plantari  o dei bite da portare durante il giorno è riduttivo. Questo era già stato capito dai vecchi posturologi che, in soggetti che presentavano problemi occlusali, consigliavano l’applicazione di bite o di splint anche durante la notte. E’ dunque confermato dall’evidenza clinica che l’ottimizzazione del riposo riduce i disturbi al risveglio.” Luciano Poli, Odontoiatra - Gnatologo

lunedì 29 aprile 2013

LA PALLA BOBATH E IL SUO UTILIZZO NELLE ALGIE VERTEBRALI 3/3


Esercizi di tonificazione muscolare
 - Decubito supino. Le braccia sono distese in fuori, con il palmo delle mani in appoggio a terra. Le gambe sono flesse e divaricate con i piedi leggermente ruotati all'interno in presa sulla palla. Espirando sollevare da terra la palla accentuando la flessione della gambe e la retroversione del bacino, fino a portare le ginocchia avanti all'addome. Mantenere la posizione per alcuni secondi fino a espirazione completa ritornando poi in posizione di base. All'inizio il soggetto mantiene la posizione solo per qualche secondo, successivamente il tempo di mantenimento della posizione può essere gradatamente aumentato

 Finalità: iperestensione del tratto lombo-sacrale  distensione del rachide cervicale. Tonificazione del retto dell'addome e dei muscoli adduttori della coscia. E' importante espirare lentamente con il rachide lombare disteso, ben aderente a terra.

 - Decubito supino. Le mani sono dietro la nuca non incrociate, le gambe flesse leggermente divaricate in appoggio sulla palla. Espirando, sollevare da terra capo e spalle, trattenendo con le gambe la palla. Mantenere la posizione per pochi secondi poi, inspirando, ritornare nella posizione di base.

Finalità: mantenimento e miglioramento del tono muscolare e dell'elasticità del retto dell'addome; particolare concentrazione nell'atto espiratorio che coinvolge efficacemente gli addominali quali muscoli espiratori ausiliari secondari; iperestensione con mobilizzazione del rachide cervicale e tonificazione degli estensori del collo. Ripetere l'esercizio lentamente 8/10 volte.

 - Decubito supino. Le braccia sono distese in fuori, con il palmo delle mani in appoggio a terra. Le gambe sono flesse e leggermente divaricate con le piante dei piedi in appoggio sulla palla, inspirando sollevare lentamente il bacino dal suolo. Espirando ritornare al suolo, appoggiando progressivamente il rachide dorsale, il rachide lombare e il bacino.

Finalità: mobilità della colonna lombare e dorsale; tonificazione dei muscoli glutei e dei flessori ed estensori degli arti inferiori. Ripetere l'esercizio 8/10 volte

 - Posizione semi-raccolta. Le gambe sono piegate e divaricate, i piedi ben posizionati a terra. Il rachide dorso-lombare è in appoggio sulla palla. Il busto è come un piano inclinato. Le braccia sono flesse con le mani il appoggio alle anche. Inspirando, spingere in avanti il bacino allineando i fianchi alla stessa altezza delle spalle e appoggiare il capo e le spalle sulla palla. Mantenere la posizione per alcuni secondi con la contrazione dei muscoli glutei. Espirando, decontrarre i glutei, riportare il bacino verso il basso, sollevare il capo e le spalle dalla palla e ritornare in posizione di base.

Finalità: massaggio del rachide vertebrale; mobilizzazione delle articolazioni coxo-femorale e lombo-sacrale; stiramento dei muscoli pettorali e apertura a ventaglio delle coste; mantenimento del tono muscolare degli addominali e dei dorsali; lavoro isometrico sui muscoli glutei. Ripetere l'esercizio lentamente 10/12 volte

 - Stazione eretta. La palla è posizionata tra una parete (o spalliera) e il dorso. Appoggiarsi alla palla esercitando una leggera pressione. Le gambe sono leggermente piegate e divaricate, i piedi a terra ben posizionati e più avanti dell'addome. Accentuare il piegamento delle gambe allineando le ginocchia ai piedi senza superare con il bacino le ginocchia stesse. Mantenere per alcuni secondi la posizione raggiunta.
Ritornare alla posizione di base esercitando una maggiore pressione del rachide vertebrale spingendolo sulla palla. Espirare piegando le gambe, ispirare nel movimento di ritorno.

Finalità: massaggio del rachide vertebrale: mobilizzazione dell'articolazione coxo-femorale con particolare lavoro di tonificazione dei muscoli della coscia (quadricipite) e della gamba (gastrocnemio, gemelli). Ripetere l'esercizio lentamente per 10 volte.

Posizione di rilassamento e scarico vertebrale
 - Decubito supino. Le braccia sono distese in fuori, con il palmo delle mani in appoggio a terra. Le gambe sono flesse e leggermente divaricate in appoggio sulla palla. Respirare naturalmente.

Finalità: Scarico e rilassamento della colonna vertebrale

Lo spunto per tutti e tre i post e le foto sono stati presi dall'articolo "Esercizi con l'impiego della palla nel trattamento della algie vertebrali" di Enrico Ceron (il fisioterapista n4 Luglio Agosto 1998)
Se qualcuno fosse interessato alla consultazione della bibliografia può contattarmi: gervasi.silvio4@gmail.com

sabato 27 aprile 2013

LA PALLA BOBATH E IL SUO UTILIZZO NELLE ALGIE VERTEBRALI 2/3


Esercizi di mobilizzazione della colonna vertebrale
 - Seduti sulla palla. Il busto è naturalmente eretto. Le braccia sono rilassate, le mani appoggiate alle cosce. Le gambe sono leggermente divaricate e flesse, i piedi a terra ben posizionati. Con la spinta delle gambe effettuare degli spostamenti lenti e continuati in avanti e dietro del bacino favorendo l'anteroversione e la retroversione dello stesso. Il busto segue in leggera opposizione lo spostamento del bacino. Espirare nel movimento di retroversione (spostamento del bacino avanti) e inspirare nel movimento di anteroversione (spostamento del bacino indietro).

Finalità: mobilizzazione della cerniera lombo-sacrale e delle articolazioni sacro-iliache; decontrazione della muscolatura lombare. Ripetere l'esercizio per 15/20 secondi.

 - Seduti sulla palla. Il busto eretto. Le braccia sono in fuori naturalmente distese. Le gambe sono leggermente divaricate e flesse, i piedi a terra ben posizionati. Il bacino è in leggera posteroversione (pube avanti). Con la spinta delle gambe effettuare degli spostamenti lenti e continui del bacino a destra e a sinistra.

Finalità: mobilizzazione della cerniera lombo-sacrale e delle articolazioni sacro-iliache e coxo-femorale; decontrazione dei muscoli della colonna lombare. Ripetere l'esercizio per 15/20 secondi. In una fase successiva, alternare delle brevi circonduzioni del bacino sulla palla da destra a sinistra e da sinistra a destra.

Esercizi di allungamento muscolare
 - Seduti sui talloni a ginocchia leggermente divaricate. Le braccia sono naturalmente distese in avanti con il palmo delle mani in appoggio sulla palla. Mantenendo la posizione di seduta sui talloni, spingere la palla in avanti con leggere distensione naturale del busto e delle braccia, mantenere la posizione per alcuni secondi senza forzare l'addome verso terra, ritornare nella posizione di partenza. Espirare nel movimento di distensione del busto in avanti, ispirare nel movimento di ritorno.

Finalità: mobilizzazione del cingolo scapolo-omerale e della colonna dorsale; distensione della cifosi dorsale, allineamento della lordosi lombare, con impegno dei muscoli dorsali. Ripetere l'esercizio lentamente per 10/12 volte.

 - Decubito prono con l'addome in appoggio sulla palla. Braccia naturalmente distese in alto con le mani in appoggio a terra. Gamabe distese leggermente divaricate con i piedi in appoggio a terra. Mantenere questa posizione per almeno 40 secondi ricercando un allungamento muscolare completo. Respirare naturalmente

Finalità: distensione della cifosi dorsale, allineamento e scarico della lordosi lombare e del rachide cervicale; allungamento muscolare dei lunghi del dorso

giovedì 25 aprile 2013

LA PALLA BOBATH E IL SUO UTILIZZO NELLE ALGIE VERTEBRALI 1/3


La palla Bobath, conosciuta anche come palla svizzera, "Body-Ball" o "Swiss-Ball", nasce in Svizzera come attrezzo di significativa importanza nella riabilitazione nei centri ospedalieri di Basile e Zurigo dove la professoressa Vogelbach inizia le sue prime terapie motorie con bambini neurolesi. Oggi questo attrezzo è di largo utilizzo nei centri di riabilitazione e nelle palestre di tutta Europa dove trova ampia indicazione come vero e proprio supporto per il recupero di patologie sia neurologiche sia ortopediche, nella ginnastica rieducativa nella distrofia muscolare e per la ginnastica di potenziamento e mantenimento. Negli Stati uniti, la palla viene utilizzata moltissimo dai terapisti per svariati e diversi problemi di recupero funzionale. Negli ultimi anni ha trovato larga diffusione e consenso nella pratica della ginnastica aerobica e in vari settori del fitness.
Una particolare terapia usata in tutto il mondo è il cosiddetto "Metodo Bobath" che prevede esercizi ginnici proprio con l'ausilio della palla.
In Italia già da alcuni anni la palla Bobath viene impiegata e proposta in corsi di ginnastica dolce per patologie vertebrali, in corsi psico-motori di preparazione al parto, in metodologie di prevenzione all'osteoporosi, in corsi di ginnastica psicomotori per bambini, in corsi di ginnastica con gli anziani, nella preparazione all'ippoterapia, in attività motorie con portatori di handicap visivi e psicomotori.

Esercizi di mobilizzazione della colonna vertebrale
Seduti sulla palla. Il busto è naturalmente eretto. Le braccia e le spalle sono rilassate, le mani appoggiate sulle cosce. Le gambe sono leggermente divaricate e flesse, i piedi a terra ben posizionati. Il bacino è in leggera posteroversione (pube in avanti). Iniziare un lento e continuo movimento di rimbalzo sulla palla mantenendo sempre il bacino a contatto con la stessa e la colonna vertebrale naturalmente eretta.
Finalità: presa di contatto con l'attrezzo, il molleggio sulla palla favorisce la mobilità del tratto sa
cro-lombare della colonna vertebrale, con un'azione di alleggerimento sui dischi intervertebrali; stimolazione dell'efflusso venoso del sangue al cuore e dell'irrigazione sanguigna; ricerca dell'equilibrio e della coordinazione del proprio corpo. Questo esercizio può essere eseguito ogni qualvolta si voglia iniziare un'attività motoria con la palla e può essere eseguito per uno o più minuti. Al molleggio possono essere coordinati movimenti di riscaldamento o attivazione degli arti superiori. Successivamente intervallare con una pausa di riposo respirando in modo rilassato e naturale.

domenica 7 aprile 2013

CEFALEE MUSCOLOTENSIVE NEI BAMBINI


Background: La cefalea muscolotensiva è la forma più comune di mal di testa. Essa si presenta come una sensazione di costrizione e compressione a livello della regione bitemporale del capo, della regione nucale e sub occipitale o in entrambe le regioni. Secondo la classificazione internazionalestilata dalla International headache society la cefalea muscolotensiva appartiene al gruppo delle cefalee primarie e può essere divisa in sporadica, frequente e cronica. E’ un problema che coinvolge molto i bambini e che li accompagna fino all’adolescenza limitando le loro capacità in tutti gli aspetti della loro vita: dalla scuola, in quanto il bambino non riesce a concentrarsi, allo sport, in quanto riduce le sue prestazioni fisiche, fino al gioco. Secondo Donald W. Lewis nella fascia di età tra i 3 e i 7 anni sono colpiti un bimbo su 3 con una prevalenza maggiore nei maschi piuttosto che nelle femmine. Tra i 7 e gli 11 anni sono colpiti 4 bimbi su 11 e in questa fascia di età maschi e femmine sono affetti allo stesso modo. Dagli 11 ai 15 anni abbiamo una prevalenza di 8 su 23 bambini e il fattore si inverte: sono molte più le femmine a soffrire di cefalea muscolo tensiva rispetto ai maschetti.
Nel nostro lavoro abbiamo provato a trattare la cefalea muscolotensiva dei bambini con la terapia miofunzionale.
Abbiamo selezionato 42 pazienti di età compresa tra 6-15 anni, tra cui 24 femmine♀ e 18 maschi♂. Li abbiamo sottoposti a diagnosi di screening neurologica per escludere patologie nervose e a diagnosi funzionale attraverso le correnti metodiche previste dal piano diagnostico di Garliner. Tutti erano affetti da anomalie della deglutizione complessa, senza importanti sbilanciamenti occlusali ma con incidenze parafunzionali pari al 100% come buxismo e serramento, ipertono del mentoniero e ipertoni compensatori dei muscoli masseteri e temporali. Questi venivano diagnosticati con metodica elettromiografia. I pazienti venivano sottoposti ad un ciclo trimestrale di terapia mio funzionale secondo il piano di trattamento di Garliner e controllati settimanalmente attraverso test di Payne, esame myometer, EMG, capacità di eseguire gli esercizi assegnati nella seduta  precedente.

Risultati; assistevamo ad un riequilibrio delle strutture muscolari afferenti all’apparato stomatognatico valutata attraverso metodica elettromigrafica, alla riduzione delle parafunzioni (bruxismo e serramento) con riduzione statisticamente significativa non solo del numero di accessi di cefalea settimanale ma in oltre il 60% dei pazienti alla scomparsa della sintomatologia algica.
Grazie alla terapia miofunzionale riusciamo ad agire su 3 fronti: la psiche, vediamo infatti un aumento della concntrazione dei nostri piccoli pazienti riscontrabile a scuola e nell’esecuzione degli esercizi, nel riequilibrio neuro-muscolare, attraverso un vero e proprio defaticamento dei muscoli dell’apparato stomatognatico e infine sulla cefalea.

Conclusioni: Grazie a questa triplice azione, attraverso la terapia miofunzionale le cefalee muscolo tensive nei bambini vengono trattate con successo; ciò depone per una natura disfunzionale della stessa. La correzione del disordine attraverso la terapia mio funzionale fornisce risultati eccellenti e stabili nel tempo nel controllo e nel trattamento della cefalea

martedì 26 marzo 2013

TRATTAMENTO RIABILITATIVO NEL PAZIENTE CON SINDROME DI EHLERS-DANLOS



La sindrome di Ehlers-Danlos (EDS) comprende una serie di patologie ereditarie contraddistinte da lassità dei legamenti e iperelasticità della cute. Tale sindrome, infatti, colpisce prevalentemente il tessuto connettivo, con la presenza di un collagene mutato.
Sono state classificate 6 tipologie differenti di EDS, secondo i criteri di Villefranche1-2:

  • La forma "classica", tipo I e II con manifestazioni legamentose-articolari e cutanee
  • La forma "ipermobile", tipo III con danni principalmente articolari
  • La forma "vascolare", tipo IV con alto rischio di lesione ad organi o vasi sanguigni
  • La forma "cifoscoliotica", tipo VI con scoliosi giovanile severa
  • La forma "artrocalasica", tipo VII B con lussazione congenita delle anche
  • La forma "dermatoparaxica", tipo VII C con predominanza della sintomatologia cutanea

Altri tipi di EDS sono estremamente erari e non sono riportati casi in Italia.
Per la maggior parte delle tipologie, la sindrome di Ehlers-Danlos è causata da un difetto nella sintesi di un collagene (un componente della matrice extracellulare) e altre proteine del tessuto connettivo. Si trasmette per via genetica. Sono stati identificati almeno 29 geni che contribuiscono alla struttura proteica del collagene, che sono dislocati in 15 delle 23 coppie di cromosomi umani e un totale di più di 19 forme diverse di collagene. Ad eccezione del tipo Cifoscoliosi, che ha carattere autosomico recessivo, gli altri sono dominanti.
L’origine del tipo Ipermobilità rimane tutt'oggi sconosciuta ma fra tutte le forme è il tipo più comune.
Gli studi effettuati sul trattamento riabilitativo fisioterapico dei pazienti affetti da EDS sono molto pochi. Levy3 menziona diversi tipi di trattamento per la EDS, come la fisioterapia antalgica, l’approccio farmacologico, la chirurgia e il trattamento psicologico.
Bonandrini, Pisanti, Ravaglia e Ferrari4 hanno descritto, nel loro articolo, un esempio di trattamento riabilitativo fisioterapico in un soggetto donna di 26 anni affetto da EDS basato principalmente sul counselling e sul retraining motorio.

Per la consultazione della bibliografia contattatemi pure (fonte principale Wikipedia)



domenica 24 marzo 2013

RAPPORTI ANATOFUNZIONALI TRA APPARATO STOMATOGNATICO E POSTURA: 2° PARTE - LA POSTURA MANDIBOLARE



 
Per mantenere la testa in asse, in posizione ortostatica, ed evitare che questa si inclini in avanti a causa della forza di gravità, svolgono un importante lavoro i muscoli posteriori cervicali che, coadiuvati dalla fisiologica lordosi cervicale, permettono al capo di stare in equilibrio. Insieme ai muscoli posteriori del collo, prendono parte al controllo della posizione del capo anche i muscoli anteriori del collo che, entrando a far parte delle catene muscolari anteriori, mettono in collegamento le strutture cranio-mandibolari con:
-          il rachide cervico-toraco-lombo-sacrale;
-      la cintura scapolo omerale, con le articolazioni acromio-clavicolare, sterno-clavicolare e scapolo-omerale;
-          la cintura pelvica, con le articolazione sacro-coccigea, sacro-iliaca e ileo-femorale;
Alla sommità di queste relazioni si pone il sistema cranio-cervico-mandibolare composto dall’articolazione temporo-mandibolare, dall’articolazione occipito-atlanto-epistrofica e dai muscoli ioidei. Grande importanza in questo sistema hanno le caratteristiche morfologiche della bocca, la posizione della lingua, la funzione deglutitoria, le caratteristiche delle arcate dentarie e, infine, la posizione dei denti, il loro numero e la loro morfologia.
E’ per questo che squilibri muscolari a carico di una di queste unità, spesso si ripercuoto sugli altri segmenti, provocando disfunzioni posturali.
La mandibola è collegata al cranio attraverso le articolazioni temporo-mandibolari e viene tenuta in sede grazie ai muscoli elevatori (muscoli masticatori) e abbassatori (muscoli ioidei) della stessa, coadiuvati dalla visco-elasticità dei tessuti e dalla negatività della pressione sugli spazi di Donders19. Quest’ultimi sono il prolungamento delle vie aeree inferiori dove si trova una pressione negativa. Tale pressione viene mantenuta grazie anche alla competenza labiale. Il tono dei muscoli elevatori e abbassatori della mandibola influenza non solo la posizione verticale, ma anche la posizione saggittale e laterale della mandibola
La posizione mandibolare è capace di interferire con la muscolatura cervicale e paravertebrale, a causa delle svariate connessioni tra la mandibola e il distretto superiore del busto, pertanto influisce nella stabilizzazione del cranio sulla colonna vertebrale. Ogni modificazione antero-posteriore della mandibola modifica la posizione del capo sul rachide e con questo anche il baricentro del corpo: se la mandibola avanza, il baricentro del corpo retrocede; se al contrario la mandibola retrocede, il baricentro avanza21.
Il sistema stomatognatico deve dunque essere valutato in correlazione sia alla curva cervicale che alla postura linguale, strettamente associata all’osso ioide mediante connessioni muscolo legamentose e membranose.
La lingua, all’interno della cavità buccale, ha un ruolo fondamentale per il compimento di azioni quali la masticazione, la fonazione e la deglutizione. Essa inoltre, grazie alle forze che applica all’interno della cavità orale, è un organo importante per lo sviluppo delle strutture osee all’interno della bocca. Una disfunzione di questo organo (lingua disfunzionale), potrebbe portarsi dietro problematiche al sistema stomatognatico e quindi, in modo indiretto, al sistema posturale, alterando sia le catene muscolari anteriori e posteriori sia la postura craniale stessa, causando anomale tensioni sull’osso ioide.
Per questo anche la valutazione della funzionalità linguale è importante per impostare un giusto piano di trattamento.
Per consultare la bibliografia citata contattatemi pure

sabato 23 marzo 2013

RAPPORTI ANATOMO FUNZIONALI TRA APPARATO STOMATOGNATICO E POSTURA: 1° PARTE - POSTURA E CATENE POSTURALI


I vari studi volti alla ricerca delle correlazioni anatomo funzionali tra apparato stomatognatico e postura hanno portato a considerare che, alla base di questi rapporti, svolgano un ruolo importante le cosiddette catene posturali. L’apparato stomatognatico, infatti, è composto da numerosi muscoli che lo collegano alle strutture cranio mandibolari, al rachide, al cingolo scapolare e agli arti superiori, cosicchè una contrazione anomala di questi muscoli si ripercute su altri distretti creando uno squilibrio posturale. I muscoli della testa che terminano in altri distretti, dunque, entrano a far parte in modo diretto delle catene posturali correlate all’equilibrio corporeo.
Prima di addentrarci di capire attraverso quali meccanismi fisiopatologici la mandibola concorra ad ustaurare una “patologia posturale” è bene rinfrescarci la memoria su come viene definita la postura e su cosa sono le catene posturali.
Con il termine postura si intende la posizione del corpo nello spazio e la relativa relazione tra i suoi segmenti corporei: la postura eretta del corpo è convenzionalmente la posizione che un individuo assume nello spazio stando in piedi, con la faccia rivolta in avanti, gli arti superiori allineati ai fianchi, i piedi leggermente divaricati di circa 30° e i talloni uniti tipo “scudo francese” o separati di circa 10 cm12. Una corretta postura è quello stato in cui tutte le componenti muscolari, articolari e scheletriche lavorano in armonia e con il minimo dispendio energetico, ciò non solo consente le migliori condizioni di lavoro e permette di rispondere prontamente ad efficacemente a eventuali nuove sollecitazioni interne o esterne, ma protegge anche le strutture stesse da traumi e deformità13.
Le catene posturali sono formate da muscoli contigui fra di loro che, avendo terminazione e inserzione in comune, si comportano come un’unica struttura. Esee vengone divise dagli autori in: anteriori, posteriori e laterali.
Le catene posturali hanno dunque il compito di controbilanciare le forze esterne che agiscono sull’individuo, in modo tale da mantenerne la postura eretta.
Per la bibliografia citata contattatemi pure

giovedì 21 marzo 2013

LA SINDROME DI COSTEN


Nel 1934 l’otorinolaringoiatra James B. Costen, in un articolo pubblicato nel vol.43 dell’Ann Otol Rinol Laringol, descrisse una patologia rappresentata da un complesso sintomatologico caratterizzato da sintomi auricolari e vestibolari dipendenti dalla disturbata funzione dell’ATM. I sintomi che riportavano i pazienti alla visita erano dolori all’ATM, ipoacusia variabile nel tempo, lievi acufeni a bassa frequenza, schiocchi articolari durante la masticazione e crisi vertiginose che si risolvevano dopo insufflazioni tubariche. Costen attribuì la comparsa della patologia alla pressione da parte del condilo della mandibola sulle fibre del nervo all’interno dell’ATM, conseguente ad una alterazione dell’occlusione a causa della perdita dei denti latero-posteriori. Ciò provocava, durante la chiusura della bocca, un eccessivo accavallamento dei denti superiori sui denti inferiori con scivolamento della mandibola posteriormente. I condili della mandibola, in questa situazione, andavano a comprimere le formazioni anatomiche della regione auricolare e retro auricolare causando i vari disturbi. Egli suggerì dunque che il trattamento della patologia dovesse essere appannaggio degli odontoiatri, che vedevano nella correzione dell’occlusione dentale la giusta soluzione al problema26-27. Sebbene col passare del tempo fu dimostrato che la spiegazione fisiopatologica della sindrome non  fosse così semplice28-29, in quanto coinvolge anche il rachide cervicale, il lavoro di Costen ebbe un effetto duraturo e profondo nella diagnosi e nel trattamento del dolore  e della disfunzione temporo-mandibolare.
Attualmente non si parla più di “patologia” ma di “sindrome”. L’eziologia e la diagnosi di questa sindrome appaiono tutt’oggi ancora incerte e molto discusse come, tra l’altro, gli indirizzi terapeutici proposti dai vari autori30.
Le opinioni eziopatogenetiche formulate per spiegare l’insorgenza della sindrome di Costen sono numerose e possiamo inquadrarle in quattro teorie fondamentali:
  •           Teoria meccanica31-32-33: secondo questa teoria la sindrome di Costen può instaurarsi in conseguenza di qualsiasi processo morboso capace di riflettersi direttamente o indirettamente sulla morfologia e sulla funzione dell’ATM. I principali fattori eziologici di questa teoria sono:

·         Fattore malformativo: paramorfismi o dismorfismi delle superfici articolari;
·   Fattore traumatico: lesioni traumatiche intra ed extra-articolari, come la frattura dell’apofisi coronoide della mandibola, le fratture dell’osso malare, le lussazioni e le sublussazioni, gli esiti cicatriziali di lesioni cutanee o muscolari;
·     Fattore infiammatorio: processi infiammatori a carico dell’ATM o dei muscoli masticatori;
·         Fattore dentale: malocclusioni secondarie a malposizioni dentali, ad edentazioni molari e premolari, a ricostruzioni dentarie, ad errata applicazione di protesi, fisse o mobili;
·         Fattori generali: assumono prevalentemente carattere predisponente: turbe ormonali, senescenza, ecc...
  •           Teoria anatomica34-35: secondo questa teoria, la sintomatologia dolorosa  è da attribuirsi ai particolari rapporti topografici dell’ATM che nel suo movimento irregolare produrrebbe una compressione ed un’irritazione del nervo dentale inferiore, del linguale, della corda del timpano e del nervo auricolare-temporale;
  •           Teoria miogena36: secondo questa teoria, la sintomatologia sarebbe da attribuire all’ipertono del tensore del timpano che determinerebbe onde di iperpressione perilinfatica con disturbi sia a carico dell’apparato uditivo che vestibolare, mentre l’ipertono del tensore del velo non permetterebbe una corretta apertura della tuba di Eustachio, con conseguenti disturbi a carico dell’orecchio medio;
  •          Teoria neurovascolare37: secondo questa teoria le crisi dolorose ed i disturbi uditivi sarebbero dipendenti da uno stato irritativo dell’innervazione simpatica regionale e conseguenti a fenomeni vasomotori, prevalentemente spastici, a carico dei vasi particolarmente ricchi di terminazioni nervose, come, ad esempio, l’arteria temporale.

Nel reparto do odontostomatologia dell’Università di Pisa diretto dal Prof. Luciano Poli, , la sindrome di Costen sarebbe  causata da un quadro clinico di disfunzione linguale (teoria disfunzionale) che si esplica massimamente durante le fasi deglutitorie, ma comunque già evidente nella posizione di riposo linguale (con lingua allo spot palatino). Tale quadro disfunzionale porterebbe a disturbi a carico dell’ATM (DTM), sindromi vertiginose e algie a livello dei muscoli masticatori e del collo (cervicalgie croniche) con compressione del rachide cervicale su se stesso come meccanismo compensatorio. La proposta terapeutica, secondo quest’ottica, sarebbe quella di eliminare la disfunzione linguale attraverso la terapia miofunzionale centrata sul riequilibrio della deglutizione.
Per la consultazione della bibliografia citata contattatemi pure